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sabato 30 ottobre 2010

Storia


Nel Medioevo, l'odierna Repubblica Moldova faceva parte di una regione più vasta, il voivodato (principato) di Moldavia, e per gran parte della sua storia ha avuto a che fare con i più potenti vicini. Situato tra l'incudine russa e il martello rumeno, questo paese si è da sempre trovato al centro di dispute di confine e di politiche espansioniste.
Il passaggio dal principato di Moldavia alla Repubblica di Moldova è stato lungo e sanguinoso ed è appropriato che la bandiera moldava comprenda una banda rossa a ricordo del sangue versato per difendere il paese. I moldavi discendono dai daci, che furono sconfitti dai romani nel 100 d.C. Alla conquista romana seguì un millennio d'instabilità e cambiamenti, durante il quale la regione subì le invasioni dei paesi confinanti e divenne un punto focale della diaspora dei magiari, degli slavi e dei bulgari nell'Europa orientale. Divenne anche un punto di riferimento per i mercanti bizantini, italiani e greci. All'inizio del Medioevo, quando il flusso migratorio si era ormai quasi esaurito ed era iniziato a emergere uno stato organizzato, la Moldavia (allora parte della Romania) era già diventata un pot-pourri di razze e culture.
A metà del XIV secolo, sotto il governo di Stefan cel Mare (Stefano il Grande), il voivodato di Moldavia raggiunse il massimo splendore. Quando a Stefan successe il figlio, l'esercito turco era ormai diventato una forza inarrestabile e la Moldavia finì sotto il controllo dell'impero ottomano. Rimase sotto la sovranità turca fino al 1711, quando i russi fecero la loro prima comparsa ai confini moldavi. L'esercito russo fu inizialmente respinto, ma i decenni successivi videro la Russia e la Turchia affrontarsi con grande impeto. Annessioni, spartizioni, scaramucce, invasioni e guerre erano all'ordine del giorno e la regione cambiò padrone più volte.
Nel 1774 l'Austria ottenne la Moldavia settentrionale (che ribattezzò Bucovina), come ricompensa per il ruolo di mediatrice nel trattato di pace tra russi e turchi. Nel 1812 le ostilità tra Turchia e Russia furono temporaneamente sospese dopo la firma del Trattato di Bucarest, che consegnò la metà orientale della regione ai russi (che ribattezzarono la regione Bessarabia) e il resto della Moldavia e della Valacchia alla Romania. La Russia cercò di acquisire il controllo delle zone strategiche della Romania e, nel 1878, stipulò alcuni patti segreti con le altre potenze per estendere i confini della Bessarabia all'interno del territorio rumeno.
La Bessarabia rimase nelle mani dei russi fino alla rivoluzione bolscevica del 1917, quando l'ideologia dell'autodeterminazione tornò di moda. La Bessarabia reagì dichiarandosi repubblica autonoma, ma, dopo che l'Ucraina iniziò a volgere sguardi interessati sui suoi confini privi di difese, decise di ricongiungersi alla Romania. Tale riunificazione non fu riconosciuta né perdonata dall'Unione Sovietica e, nel 1924, un gruppo di contadini fedeli a Lenin formò la secessionista Repubblica Autonoma Socialista Sovietica della Moldavia, che in seguito sarebbe diventata la repubblica della Transnistria o Transdnestria. Nel 1939 il patto Molotov-Ribbentrop (l'accordo tedesco-sovietico sulla divisione dell'Europa orientale), riconsegnò la Bessarabia romena all'URSS, che annesse la regione autonoma alla Bessarabia sovietica e ribattezzò l'intero territorio Repubblica Socialista Sovietica della Moldavia.
L'area fu nuovamente occupata dalle forze rumene tra il 1941 e il 1944, periodo durante il quale migliaia di ebrei di Bessarabia e Transnistria furono deportati ad Auschwitz. Nel 1944 i rumeni furono costretti ad allentare la loro presa sulla zona e le autorità sovietiche tornarono a prenderne il controllo. Il conseguente processo di sovietizzazione comportò la deportazione di oltre 25.000 moldavi in Siberia e nel Kazakhistan, la chiusura delle sinagoghe ebraiche, la messa al bando delle cerimonie religiose e l'imposizione dell'alfabeto cirillico al posto di quello rumeno, basato sul latino. Come spesso accade quando si cerca di imporre un regime a un popolo assoggettato, si procedette alla costruzione di monumenti e statue, all'assegnazione di nuovi nomi alle strade e alla consacrazione di piazze a personaggi illustri. Con il collasso del comunismo a metà degli anni '80 e la politica di apertura inaugurata da Gorbaciov, il nazionalista Fronte Popolare Moldavo finalmente ebbe la possibilità di far valere le proprie ragioni. Seguirono anni di riforme e di ottimismo. Nel 1989 l'alfabeto latino tornò a essere quello ufficiale; nel 1990 fu introdotta la bandiera moldava e venne approvata una dichiarazione di sovranità moldava. Nel 1991, infine, la Moldova proclamò la sua piena indipendenza. Il primo presidente eletto democraticamente fu il comunista Mircea Snegur.
L'indipendenza non ha risolto i problemi del paese, ma ha contribuito a crearne di nuovi. Le minoranze slave della Transnistria sono desiderose di mantenere i loro legami culturali e sociali con la Russia, mentre al sud la minoranza dei gagauzi di lingua turca è preoccupata per la possibile riunificazione con la Romania. Quando la Moldova si è dichiarata repubblica indipendente, la Transnistria si è separata dalla nuova entità, riaffermando la propria lealtà alla Russia. La situazione si è complicata quando i gagauzi hanno iniziato a pensare a una propria repubblica nel sud-est. La neonata Repubblica Moldova sembrava in serio pericolo. Dopo avere ottenuto la promessa di una più netta autonomia regionale e di una maggiore rappresentanza parlamentare, i gagauzi hanno moderato la loro posizione, ma la Transnistria si è rifiutata di unirsi alla Moldova.
Un precario compromesso è stato raggiunto con l'insediamento nell'area di una forza di pace composta da Russia, Transnistria e Moldova, ma si verificano ancora sporadici disordini tra i ribelli separatisti e le forze militari moldave e vi sono costanti richieste, da parte dei secessionisti intransigenti, di un riconoscimento ufficiale della Repubblica della Transnistria.
Le ultime elezioni politiche si sono tenute nel 2005 e hanno decretato vincitore Voronin, esponente del partito comunista che ha confermato l'indirizzo filo-occidentale della sua politica estera già iniziato nel 2001, ma la questione Transdnestria rimane a tutt'oggi irrisolta.

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